Nel nostro Paese la principale fonte energetica è il gas naturale, sia nel suo utilizzo diretto sia, soprattutto, nella produzione di elettricità. Il gas copre quasi il 50% del fabbisogno energetico, seguito per circa il 40% da fonti rinnovabili e il residuo 10% da carbone e olio combustibile.
A febbraio 2021 era possibile comprare sul mercato all’ingrosso un MWh di gas per circa 18 euro, a dicembre 2021 il prezzo ha raggiunto i 110 euro e nel febbraio 2022 si sono toccati i 139 euro, con un aumento di quasi il 700%. Conseguentementeanche il costo dell’energia elettrica si è impennato: da gennaio 2021 a dicembre 2021 c’è stato un incremento del 450% con il prezzo di un MWharrivato a 285 euro.
Secondo il Centro Studi Confindustria, la produzione industriale nazionale è in caduta con un 1,3% a gennaio, dopo un -0,7% a dicembre. La contrazione dovuta al caro energia è aggravata dal rincaro delle materie primee dall’aumento dei costi di trasporto e dei tempi di consegna. In diversi casi, come nelle fonderie, non è più conveniente produrre, nonostante il boom di ordini; i costi dell’energia superano di gran lunga il costo per la materia prima e i margini sono completamente erosi.
Assieme all’andamento del costo della materia prima, in Italia la componente fiscale è l’altra voce che contribuisce in maniera considerevole ad innalzare il costo delle tariffe. Nella bolletta elettrica delle piccole imprese il 41% del costo totale è riconducibile ad oneri e tasse, la media dell’area euro è del 35,7 per cento.
Settori più colpiti
Le aziende più esposte ai rincari sono quelle che hanno gas ed elettricità al centro della produzione: le aziende metallurgiche (fonderie ed acciaierie), del vetro, della ceramica, della plastica, del cemento, del legno, della carta e il settore alimentare in generale.
In questa situazione anche gli studi di progettazione risultati particolarmente suscettibili e di conseguenza sono costretti a sviluppare sempre nuove soluzioni per far fronte alla scarsa reperibilità di materiale e ai costi elevati.
I motivi dell’aumento
In Italia le criticità sono cominciate lo scorso mese di settembre, quando il PUN (Prezzo Unico Nazionale) definito dall’autorità del mercato elettrico è passato dallo 0,043 euro/KWh di dicembre 2020 a 0,16 euro/KWh.
Valore che non ha accennato a scendere ed anzi, nel mese di dicembre 2021 ha raggiunto gli 0,28 euro/KWh: più che sestuplicato rispetto a 12 mesi prima.
Nello specifico, a causare questa situazione senza precedenti sono state circostanze di natura internazionale quali:
A causa del caro energia il Fondo monetario internazione, nel periodo pre-conflitto, aveva stimato una contrazione del Pil pari all’1,5% a cui vanno aggiunti ora gli effetti della guerra che rischiano di costare all’Italia almeno un altro 1,5% di PIL tra rincari delle materie prime, difficoltà negli approvvigionamenti e mancato export verso la Russia.
La guerra russo-ucraina ha fatto aumentare a 700 euro/Mwh l’energia elettrica, causando violente ricadute per l’industria. A partire da quella siderurgica, che si trova anche ad affrontare la mancanza di rottame, preridotto, ghisa e ferroleghe che arrivavano da Russia e Ucraina per un totale di 2,5 milioni di tonnellate all’anno. Chiaramente nei prossimi mesi vi saranno scarsità ulteriori relative ad altre commodity, rendendo più duraturi gli aumenti dei prezzi.